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Perchè è importante non avere fede in nulla
Quando si pensa all'idea di "fede", facilmente la mente si proietta verso il concetto di "religione" ma questa non si limita affatto a questo paradigma.
In una visione più ampia, la fede è una chiave di interpretazione della realtà.
La fede è una lente che non fa chiarezza, che non ingrandisce, che non mette a fuoco alcunchè ma che piuttosto ci permette (o emeglio, ci illude) di vedere soltanto ciò che vogliamo vedere.
Si può avere fede in entità sovrannaturali (ad esempio negli dei), in entità fisiche (ad esempio in leader politici), in entità ideologiche (ad esempio nel comunismo), in gruppi di appartenenza (ad esempio nella propria "razza di appartenenza"), in entità quantitative (ad esempio in una maggioranza) e così via... ma che cosa spinge la natura umana ad cercare la fede?
La necessità di avere fede racchiude in se la nostra debolezza più grande: il bisogno di appartenenza e quindi, più profondamente, il bisogno di certezze.
In un mondo così infinitamente variegato, dove tutto cambia, dove la morte, il dolore, la perdita sono incognite costanti ed assillanti, nascoste dietro ogni angolo, tutti noi siamo alla ricerca di un'ancora, un punto di riferimento fisso, qualcosa di inamovibile.
La fede è un'ancora di certezza alla quale il nostro istinto ci chiede prepotentemente di aggrapparci.
Scagliati in uno spazio senza sopra nè sotto, in un universo senza nè cielo nè terra... sentiamo il bisogno di un punto d'appoggio.
Per poter sviluppare la nostra vita ci illudiamo (e talvolta ci illudono) che la fede, o meglio "una fede" (di qualunque genere essa sia) sia una condizione immancabile.
E come reagiamo a questa "spinta"? Inconsciamente ci diciamo: "Dopotutto che male può fare una fede? tanto più se tra le tante, optiamo per quella che ci è più affine, o quanto meno, per quella più diffusa?"
Purtroppo il male c'è e sta nel fatto che nessuna delle tipologie di fede citate nasce dal nulla; più una certa fede ci appare papabile e degna, più qualcuno ce l'ha (a torto o a ragione) presentata come tale.
Il problema è che nell'organigramma di ogni fede esistono sempre due immancabili figure: l'oracolo e il sacerdote.
Per "oracolo", intendiamo in questo caso colui che trasmette (ancora una volta, a torto o a ragione) il sapere in modo lineare, grezzo, onesto e spontaneo.
Per "sacerdote", intendiamo invece colui che si frappone (a mò di filtro) tra il fedele e l'oracolo: colui che, ad apparente beneficio di comprensione, si presenta come interprete disinteressato.
L'oracolo (ad esempio uno scienziato) può aver torto o ragione ma è soltanto una fonte e di per se, è raro che lavori attivamente per divulgare il proprio sapere (in quanto, di norma, impegnato nel produrlo).
E' il sacerdote a pregiarsi della comunicazione ed è da qui che nascono tutte le insidie.
Ciò che l'oracolo trasmette è (o dovrebbe essere) a disposizione del raziocinio di tutti: tutti insomma siamo potenzialmente nella posizione di ascoltarlo o rifiutarlo; certo, talvolta, la comprensione delle sue parole richiede un certo sforzo ma raramente è così grande quanto i sacerdoti vogliono indurci a credere.
Il punto è che il sacerdote, per poter mantenere necessaria la sua presenza (e quindi attiva la sua fonte di controllo), deve mettere in atto ogni possibile stratagemma per mantenere il fedele lontano dall'interpretazione diretta, personale e logica dell'oracolo.
La chiave del potere del sacerdote sta nel possedere l'imbuto della conoscenza (i media ad esempio), facendo passare solo ciò che vuole, bloccando ciò che non vuole e talvolta aggiungendo (o più astutamente mistificando) ciò che gli serve.
Se a questo aggiungiamo che di norma i sacerdoti sono in prima persona eccellenti comunicatori (e/o si servono di esperti in metodologie persuasive e manipolative), la trappola è perfetta.
Gli ignari fedeli sono così guidati dai fili dei rituali del sacerdote ma credono fermamente di esprimere idee nate dalla propria credenza primaria: l'oracolo.
Il disastro è che quando ci inducono a pensare di difendere qualcosa di inamovibilmente vero, qualcosa su cui non sentiamo il bisogno di dubitare: una volta indicato il nemico (chi vi si oppone), siamo pericolosamente disposti a scagliarci contro di lui, senza necessità di analisi logica e (spesso) con la massima violenza.
L'uovo di Colombo è che il potere è sempre nelle mani del sacerdote, mai dell'oracolo ed è tanto più grande, tante più sono le persone che gli rivolgono, di riflesso, la propria cieca fede (fedeltà).
E' sempre sbagliato avere fede? Sì e il motivo è che questo approccio, a qualunque tipo di conoscenza (non importa quanto buona o giusta sia o possa sembrare), accentra potere nelle mani dei suoi sacerdoti.
Evitare di avere fede non significa tuttavia non credere in nulla, si tratta solo di sostituire quella parola, così dannatamente estrema, con un'altra: "fiducia", dandole (più o meno forzatamente) il senso di accettazione vigile del probabile.
La fede non può essere revocata, la fiducia sì.
Se troviamo una fonte di informazioni che (seppur criticamente) vale la pena di ascoltare (ad esempio la scienza), è cruciale non confondere la sorgente con chi estrae l'acqua, perchè è lì che si cela il maggior pericolo di manipolazione.
Naturalmente la vita è breve e non possiamo passare tutto il nostro tempo ad approfondire e dubitare di ogni cosa, forse però, dovremmo farlo almeno per quanto riguarda le scelte più importanti: quelle che riguardano la nostra vita e quella degli altri (in termini di libertà, dignità, salute, sopravvivenza, ecc.).
Come si fa a dubitare? E' molto semplice: primo, occorre farsi violenza e ascoltare (il più possibile senza pregiudizi e filtri) il punto di vista di chi la pensa al contrario rispetto a noi; secondo, sottoporre alla prova di un dubbio razionale ed onesto la tesi in cui crediamo (ove possibile, procedendo a controprove, quanto meno, di carattere logico).
Sia chiaro, talvolta la verità è inconoscibile a priori e molto spesso commetteremo errori grossolani ma questo metodo è inevitabilmente e di gran lunga il più affidabile.
Più persone attivano la propria mente in questo modo, più diventa difficile per i sacerdoti raggiungere la tanto agognata egemonia decisionale.
Al contrario, in un mondo così globalizzato: meno persone riflettono, meno persone decidono e più aumenta il rischio di subire (in buona o cattiva fede) decisioni egoistiche o semplicemente sbagliate.
I sacerdoti di norma sono un po' più intelligenti dei fedeli ma come loro, in base al loro singolo giudizio personale, possono facilmente prendere decisioni errate. Questo significa che se una persona decide per se e sceglie un'opzione errata, causa un danno con un rapporto 1 a 1 (o nei casi più gravi 1 a 5-10 forse) ma pensa a quello che succede quando un sacerdote prende una decisione errata (magari guidata dal tornaconto personale) e la impone su una massa di fedeli che non la sottopongono a critica... il rapporto può essere 1 a 10.000-1.000.000.000...
In conclusione, cercando di essere coerente, non ti chiedo di credere ciecamente in ciò che ti sto dicendo, al contrario, ti chiedo: di mettere in dubbio le mie parole, di fare verifiche in prima persona, con la tua testa... voglio che tu ti domandi se ciò che ti sto cercando di dire è vero, in parte vero o del tutto falso.
Grazie.
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