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Saggezza e sapienza: la scuola che riduce a "nani sulle spalle di giganti"
L'insegnante non deve e non può essere un libro.
L'insegnante deve essere solo un dito puntato all'evoluzione.
L'apprendista non può essere la copia sbiadita del maestro. Finchè copieremo i pensieri altrui ci faremo belli di piume che non ci appartengono e quando saremo chiamati ad esprimerci in prima persona rimarremo confinati nel silenzio della vergogna.
Il presente non deve essere una consumata replica del passato, la nuova via deve essere solamente ispirata dall'esperienza del passato, non la sua replica.
A cosa serve una scuola che esercita la memoria (abbiamo già i computer per questo)? Perchè insegnare a copiare dai grandi?
Finchè resteremo "nani sulle spalle di giganti", nei campi nuovi, nei momenti in cui sarà necessario applicare la nostra intelligenza (e non quella stantia, invecchiata altrui) saremo sempre e solo dei nani. E' questo che vogliamo?
La ragione, il cervello perchè non si atrofizzi va allenato di continuo, come ogni altro muscolo del nostro corpo!
Un popolo che non ha capacità critica e usa la memoria dell'altrui saggezza è destinato alla decadenza perchè: è facilmente rimpiazzabile (tutto ciò che ha in testa è già noto), è adatto ad essere controllato/domato (non sa elaborare autonomamente giudizi validi), blocca l'evoluzione (non è abituato a formulare dei punti di vista "fuori dagli schemi"), risulta sfiduciato (è costantemente umiliato dal peso di traguardi non raggiunti con le proprie forze).
Chi non pensa in modo autonomo, è perennemente spinto a cercare delle fonti "autorevoli" da cui attingere ma non è in grado di valutarne l'attendibilità.
Il sapere cattedratico spaventa e annulla ogni slancio creativo, impone un inevitabile senso di spaesamento... come può non trovarsi in imbarazzo un ragazzino che si trova a dover studiare la grandezza delle migliori menti della storia del nostro pianeta nei momenti più fulgidi della loro esistenza?
Il sapere imposto nel silenzio, non messo in discussione, non sottoposto a critica, non rielaborato, educa lo studente ad aspirare unicamente ad una conoscenza proposizionale e mai procedurale...
Non va premiato chi ripete, chi riporta ciò che è già stato detto, va incitato, stimolato e aiutato chi prova a giungere alle soluzioni con la propria testa; non importa se l'apprendimento è più lento, se si sbaglia, se si trovano più difficoltà o se si fatica: sta proprio nello sbagliare la forza di fare giusto, sta nell'errore il "la" per scoprire nuove vie!
Il goal dell'apprendimento non deve essere tanto la diffusione di nozioni/passaggi già "assodati"... la cosa che vale davvero la pena di tramandare, di comunicare, è il metodo, la spinta, il come si è arrivati alla soluzione e non la soluzione in se e per se...
Il risultato di un'equazione non spiega i suoi procedimenti, non insegna a coglierne i perchè, le ripercussioni e cela le sue possibili mancanze...
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