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Disegnare manga: che cos'è la creatività e come non soffocarla
Molte persone sono convinte che la creatività sia una caratteristica non acquisibile e soprattutto che in mancanza di questo "dono" non sia possibile riprodurne i risultati: niente di più sbagliato. Ma allora che cos'è davvero la Creatività e su cosa si basa?
Nell'universo in cui viviamo niente si crea e niente si distrugge; allo stesso modo funziona per i pensieri: ogni cosa che immaginiamo è causata e riconducibile ad altre già esistenti. Così avviene nel mondo reale, così avviene nell'Arte.
Seguendo questo ragionamento arriviamo facilmente a capire che non siamo e non saremo mai nella condizione di creare qualcosa di Nuovo. Che cosa distingue quindi un soggetto "originale" da uno riconoscibile come "banale"?
Rispondiamo al quesito con una nuova definizione di creatività: non più "capacità di creare" ma abilità nel reinterpretare, trovare, intercettare, riordinare, scoprire, rimescolare e rivisitare ciò che da sempre esiste.
Se il mondo fosse una scatola di costruzioni, la creatività sarebbe l'abilità di assemblare pezzi piccoli e (apparentemente) incompatibili per ottenere composizioni innovative. La banalità, per contrapposizione, sarebbe invece l'ordinarietà di chi si accontentarsi di seguire le istruzioni di montaggio, di usare pezzi comuni, indicati come compatibili e già in gran parte montati da altri.
Ogni volta che non seguiamo la strada maestra abbiamo occasione di essere creativi, non per diritto di nascita o per esperienza sul campo, semplicemente perchè siamo Umani.
La creatività diventa pertanto l'applicazione della logica alla follia, il trovare una nuova strada dopo aver imboccato il sentiero "errato" (alternativo). Mentre la mente limitata riconosce come vere ed immutabili le soluzioni condivise, quella aperta rompe, modifica, mescola "knowhow" e "don't-knowhow" ottenendo abbinamenti completamente nuovi.
Dobbiamo imparare a fuggire il fascino della semplicità e del rigore di regole fisse, idee imperiture, proposte preconfezionate. Chi dice che le dita dei piedi devono essere solo (o addirittura) 10? Chi dice che i nostri personaggi devono avere per forza la pelle rosa e proporzioni vitruviane? Con questa logica saremmo ancora a disegnare sagome di bisonti nell'umido delle caverne.
La sapienza del presente non è altro che la saggezza del passato: facciamocene carico ma solo dopo aver provato a cimentarci con la mente sgombra da ogni preconcetto.
Un personaggio, una storia, non può prender vita se la nostra mente è abbagliata dal fulgore dei grandi che ci hanno preceduto, non esiste competizione tra un principiante ed un esperto divenuto leggenda; il rischio è l'accettazione, la rinuncia a mettere in discussione lo status quo delle cose.
Prima ancora di apprendere come si disegna un'espressione triste o il corpo di un cavallo dobbiamo provare a farlo da soli, provare e riprovare iniettando nelle nostre opere quel virus preziosissimo di cui non ci libereremo più quel nettare sublime che si chiama Stile.
Solo dopo aver provato, solo dopo aver dato un senso e una direzione al nostro disegnare potremo dirci pronti a "correggere il tiro". Definito un nostro universo in cui le creature che immaginiamo hanno un filo conduttore che le lega univocamente a noi (un qualcosa che ricorre, una visone d'insieme, ecc.) possiamo iniziare a studiare le anatomie, gli stili altrui, le tecniche espressive e tutto ciò che l'esperienza di secoli ci può tramandare.
Forse abbiamo trovato un nuovo modo di impostare le labbra di una donna ma disegniamo delle mani che lasciano molto a desiderare, forse ad una mimica facciale straordinaria abbiniamo capigliature orribili: ebbene correggiamoci, impariamo da chi ha fatto più strada di noi. Teniamo buono ed evolviamo ciò che ci piace del nostro punto di vista ma colmiamo le nostre lacune con i punti di forza altrui.
Il metodo vincente è quello di provare a creare subito, senza preconcetti, provare sino a gettare le basi di uno tratto personale per poi arricchirlo con lo studio incessante delle visioni dei maestri del passato.
Metteremo da parte esperienza, apprenderemo lezioni dalla storia e finalmente potremo dirci in grado di scrivere, confermare o confutare le regole.
Non scordiamo mai che il risultato a cui puntare non è riprodurre il carattere di chi apprezziamo ma far sì che le persone guardino le nostre creazioni, riconoscendo sia le fonti a cui abbiamo attinto, sia la nostra mano.
Seguire il giusto percorso (prima personale e poi condiviso) ci fornirà quel qualcosa in più che ci renderà unici.
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